Bramante

Bramante

La Vita

Donato "Donnino" di Angelo di Pascuccio, detto il Bramante e conosciuto anche come Donato Bramante Fermignano, 1444 Roma, 11 aprile 1514, è stato un architetto e pittore italiano, tra i maggiori artisti del Rinascimento. Formatosi a Urbino, uno dei centri della cultura italiana del XV secolo, fu attivo dapprima a Milano, condizionando lo sviluppo del rinascimento lombardo, quindi a Roma, dove progettò la basilica di San Pietro. In qualità di architetto, fu la personalità di maggior rilievo nel passaggio tra il XV e il XVI secolo e nel maturare del classicismo cinquecentesco, tanto che la sua opera è confrontata dai contemporanei all'architettura delle vestigia romane e lui considerato "inventore luce della buona e vera Architettura.

Le Opere

Nell'opera è illustrato Cristo legato alla colonna (in questo caso un pilastro ornato con decorazione classicheggiante a bassorilievo) prima di essere flagellato.l'inquadratura molto vicina rende un'emozione molto forte. Accentuando la già struggente scena creando, nel complesso, un'atmosfera di fortissima tensione psicologica. Ancor più i dettagli, come la corda che penzola dal collo del Cristo, contribuiscono a creare quella notevole apprensione emotiva che scaturisce dall'intera composizione. Il procedimento con cui si dà l'idea di un vasto spazio colonnato è, in pratica, lo stesso usato nell'architettura del finto coro di Santa Maria presso San Satiro: l'estensione degli elementi principali oltre i confini del dipinto e il suggerimento della distanza tra primo piano e sfondo.
Il modellato classico del corpo di Cristo rimanda alla cultura urbinate da cui proveniva artisticamente Bramante, mentre altri dettagli dimostrano una seconda contaminazione con spunti della pittura fiamminga, quali la doppia illuminazione (frontale, in questo caso orientata da sinistra a destra, e dalla finestra sullo sfondo), la veduta che sfuma in lontananza, l'attenzione minuziosa al dettaglio. In questo senso spicca lo studio sulla luce, che crea una miriade di riflessi colorati, come in quelli rossicci e azzurrini nei capelli e nella barba del Cristo.

Dopo i lavori a Milano e a Pavia, che ne avevano consolidato la fama in Lombardia, nel 1499 Bramante decise di trasferirsi a Roma, sia perché la città del papato a quel tempo rappresentava un deciso passo avanti nella carriera di un architetto, sia soprattutto perché Ludovico il Moro, il suo protettore, era stato cacciato da Milano da parte del re francese Luigi XII, atto che avrebbe dato origine a una dominazione straniera del capoluogo lombardo che sarebbe durata per più di tre secoli e mezzo.

A Roma era papa da qualche anno Alessandro VI, ovvero Rodrigo Borgia, il papa celebre per i suoi figli Cesare e Lucrezia, per le sue macchinazioni ma anche per il suo amore per l’arte e il suo mecenatismo: non a caso Bramante fu da lui nominato sottoarchitetto, carica poi alzata a quella di primo architetto da uno dei successori di Alessandro, il suo rivale Giulio II.



Forse il primo lavoro che Bramante eseguì nella città eterna fu il Chiostro di Santa Maria della Pace, progettato su commissione del cardinale Oliviero Carafa: la chiesa, realizzata pochi anni prima da un architetto oggi sconosciuto, si trovava non distante da piazza Navona e abbisognava di un chiostro.

Quando Ludovico il Moro volle importare l’architettura rinascimentale a Milano
Presentando cronologicamente l’opera di Bramante, bisogna per forza di cose partire da Milano, dove l’architetto marchigiano poté per la prima volta esprimere compiutamente la propria arte. Dopo gli studi e i primi lavori a Urbino, Donato Bramante si spostò infatti nel capoluogo lombardo a partire dal 1478, lavorandovi prima come pittore e poi, soprattutto, come architetto.


Nel 1492, un anno fondamentale sotto diversi punti di vista per la storia dell’Europa (oltre alla scoperta dell’America, si completò la Reconquista spagnola e morì Lorenzo de’ Medici), il nuovo signore di Milano, Ludovico il Moro, decise di lasciare la sua impronta sulla città; la sua reggenza era infatti già cominciata nel 1480, ma solo nel 1491 il matrimonio con Beatrice d’Este, figlia del duca di Ferrara, aveva dato in un certo senso una legittimazione ufficiale al suo potere, che era comunque derivato da un’usurpazione.

Bramante, Giulio II e la nascita del giardino all’italiana
Dopo queste prime opere – importanti ma modeste nelle dimensioni – progettate nei primi anni romani, Bramante, come detto, iniziò ad assumere ancora più importanza dopo la morte di Alessandro VI, avvenuta nel 1503, e la salita al soglio pontificio, dopo il brevissimo intermezzo di Pio III, di Giulio II. Proprio quest’ultimo, al secolo Giuliano della Rovere, chiese a Bramante di mettere mano agli spazi riservati ai suoi appartamenti, creando un ampio giardino che permettesse al pontefice di rilassarsi e godersi il paesaggio verso la campagna romana; nell’attuale zona dei Musei Vaticani, infatti, esisteva allora, da una ventina d’anni, una costruzione chiamata Villa del Belvedere, che comprendeva anche affreschi di Pinturicchio e Mantegna e che il papa voleva in parte demolire e in parte inglobare in un progetto più ampio.

L’area a disposizione dell’architetto era piuttosto ampia (300 metri di lunghezza per 100 di larghezza) e fu divisa da Bramante in tre terrazzamenti a quote differenti, collegati tra loro da rampe e scale e destinati ad accogliere giardini, secondo un modello antico che il marchigiano aveva probabilmente ripreso dalla descrizione di Plinio il giovane riguardo alla sua villa in Toscana.

Il progetto più maestoso in cui però venne coinvolto Donato Bramante fu quello della realizzazione della nuova Basilica di San Pietro, ancora oggi forse il principale monumento della cristianità. Sulla posizione dell’attuale Basilica esisteva, al tempo di Giulio II, una grandissima chiesa fatta costruire dall’imperatore Costantino nel IV secolo, una basilica sempre intitolata a San Pietro, dotata di un quadriportico e poi costruita su cinque navate, al cui interno si trovavano ben 120 altari, 27 dei quali dedicati alla Madonna.

Tale imponente struttura era nata nelle vicinanze di un’antica necropoli che secondo la tradizione ospitava le spoglie di San Pietro, ma già dalla metà del Quattrocento si era fatta spazio nella curia romana l’idea che essa andasse ammodernata e ristrutturata, in modo da riprendere i nuovi stili che stavano emergendo in Europa e soprattutto in Italia. Alcuni lavori minori erano quindi già cominciati quando, nel 1505, Giulio II si convinse della necessità di costruire qualcosa di completamente nuovo e commissionò progetti ai più importanti architetti d’Europa.