Le feste legate al mondo contadino

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Alla miseria di tutti i giorni si contrapponevano i momenti di festa: il Natale, la Pasqua, ma soprattutto i Carnevale e la festa del paese. Erano momenti di festa molto attesi in quanto i contadini più o meno poveri consumavano il fritto misto, gli agnolotti, le torte ed i salumi. Neppure in quelle occasioni il contadino rinunciava alla propria parsimonia."Il fritto misto si mangiava il giorno di festa ma con verdure come patate e poi c'era qualche pezzo di carne, fegato. Gli agnolotti si mangiavano il giorno di festa".(Testimonianza di Rosa Sattanino Asti, Leva 1923)

Danze delle quattro province

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Danze delle quattro province“Polca a saltini”, “Giga”, “Monferrina” o “Alessandrina” … sono alcuni balli antichi denominati “delle Quattro province.Quali sono le province? Si tratta delle province di Genova, Alessandria, Piacenza e Pavia anche se Il territorio che chiamiamo “Delle Quattro Province” non ha alcun nome ufficiale e non esiste nemmeno un confine preciso.L’elemento più caratterizzante che accomuna i territori delle Quattro Province è probabilmente uno strumento musicale: il piffero, un oboe popolare il cui suono ricco richiama subito alla mente, a chi le abbia frequentate, le feste da ballo dei suggestivi paesi nascosti fra i monti di questo tratto di Appennino.Il piffero si accompagnava tradizionalmente alla musa (a müza), una cornamusa locale a un solo bordone, occasionalmente ancora suonata in terzetti piffero-fisarmonica-musa. Dalla prima metà del Novecento alla musa si sostituì la fisarmonica, che oggi accompagna tipicamente il piffero nelle feste da ballo. Fino a non molti anni fa, sui versanti genovesi e alessandrini era presente anche il clarinetto. Sono balli di coppia o balli collettivi e figurati riconducibili per la loro struttura bipartita (giro-balletto) al più ampio corpus delle danze popolari dell’Italia Settentrionale, ma che presentano caratteristiche stilistiche e coreografiche del tutto autonome e originali, eseguite su antiche melodie che scandivano i momenti della vita contadina e montanara.

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Spannocchiatura del granoturco

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La spannocchiatura del granoturco era un lavoro autunnale per le famiglie contadine che si riunivano in autunno per raccogliere il granoturco. Esso veniva portato alla cascina, spesso era riposto sotto un porticato per proteggerlo da eventuali piogge e lì i componenti della famiglia, soprattutto donne e bambini, procedevano alla "spannocchiatura" cioè all'eliminazione del cartoccio che avvolge le pannocchie di granoturco.(Testimonianza di Francesco Passarelli, Asti leva 1950)La spannocchiatura veniva fatta nelle fresche sere di settembre, con l’aiuto di parenti e vicini che si scambiavano il lavoro da una famiglia all’altra ed era un pretesto anche per corteggiamenti e scherzi grossolani.Le foglie più dure servivano come foraggio, le più interne, sottili e delicate, per imbottire i sacconi. Le pannocchie venivano spogliate delle foglie che le ricoprivano aiutandosi con un punteruolo di legno “e’sfrocc ,e poi divise a seconda della grossezza: quelle esterne fungevano da materassi.Il materasso della vecchia casa contadina, ma spesso anche di quelle di città, era un sacco di tela robusta con due apposite aperture come due grosse asole, nelle quali si infilavano le mani per sprimacciare e dare aria alle foglie ben pigiate che durante la notte erano state schiacciate dal peso dei corpi.Ogni anno le imbottiture venivano cambiate e nei mercati se ne trovavano a sacchi in abbondanza ,anche nei contratti di mezzadria era definita una certa quantità di foglie da destinare al padrone.Le pannocchie così sfogliate venivano stese al sole per farle seccare bene,in attesa “de sgranadòur” ,un trabiccolo che passava di casa in casa e che liberava i chicci dai torsoli, i “panòc”, con le cime dei quali si facevano tappi per fiaschi.Nei campi rimanevano i grossi gambi, “i gambarèun”,che venivano scalzati con la zappa , lasciati seccare e raccolti in fascine.Tritati servivano come foraggio di emergenza oppure si mettevano sotto la legna,insieme ai panocc, per accendere il fuoco.Del granoturco non andava a male niente, era un prodotto del quale il contadino faceva tesoro e considerato dalla povera gente alla stessa maniera del grano. La farina di granoturco la usavano per fare la polenta in qualunque stagione , anche il pane e la piadina erano fatti con farina gialla , e purtroppo questo monotono regime alimentare causò ,nella seconda metà dell’800, molti episodi di pellagra , la malattia dei poveri, che spesso portava alla morte e alla pazzia.(Blog La campagna appena ieri di G. Gobbi 6-9-2010)

BruSà 'lCurvà

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Con il rogo di Carnevale detto "bruSà 'l Carvà" si concludeva il martedì grasso. Toschi dice che la morte del Carnevale voleva eliminare il vecchio e il male dell'anno trascorso. Facevano un mucchio di legna, andavano casa per casa a chiedere le fascine per fare un bel rogo. Poi mettevano un bel pagliaccio grosso sopra e si dava fuoco.(cfr.: P. Toschi, Le orogini del teatro italiano, To 1955 pp. 323/324)

Balli

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Una festa che mobilitava tutto il paese era la festa del Santo patrono perché spesso ai pranzi si accompagnava il ballo a palchetto, appositamente eretto in piazza o vicino all'osteria. Era importante il suono della banda del paese."Era la banda municipale, però c'era chi suonava il trombone e il violino, il flauto, il clarinetto, la curnetta. Allora non c'era la fisarmonica, la chitarra ... il concerto era fatto così".Per i giovani il ballo rappresentava un'occasione per frequentare le ragazze, anche se accompagnate da madri e sorelle. Erano soprattutto i giovani di leva a darsi da fare nell'organizzare queste serate di ballo alla buona.Il cosiddetto "liscio" si diffuse poi nel corso dell'Ottocento dalle città alle campagne e comprendeva: polche, valzer e mazzurche.Unica ballo tipico piemontese era la "curenta monferrina" molto amata dai torinesi.Il ballo tradizionale della Monferrina (Youtube)

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L'osteria

La vendemmia

La Monferrina

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La Monferrina è una danza popolare molto antica che deve il suo nome al Monferrato, terra in cui pare sia nata.È caratterizzata da un tempo di 6/8, si balla a coppie e nella versione originale prevede che si formi un cerchio attorno alla coppia più abile o più importante. Fino ad alcuni decenni fa è certamente stato uno dei canti più noti e più ballati in Piemonte, anche se era diffuso anche in altre Regioni dell’Italia settentrionale. In dialetto è chiamata con diversi nomi, tutti simili tra di loro: manfrina, munfrina ...La versione originale e più diffusa, nonostante esistano tante piccole varianti in parole o piccoli pezzi di frasi, è quella riportata più sotto. Nel testo si parla di una certa “Maria Caterina” (in piemontese “Maria Catlina“) che viene corteggiata da un giovane uomo ed invitata a ballare. La Monferrina esprime gioia, festa, allegria, socialità ed aggregazione! E’ con questo ballo che Gianduia, la maschera di Torino, la sera di San Giovanni (festa di Torino) apre le danze con Giacometta nella piazza centrale della città dove si è appena bruciato il tradizionale “Farò”.Ecco il testo della canzone (in piemontese), con la traduzione in italiano. Si tenga presente che del testo piemontese ne esistono diverse versioni, molto simili tra di loro e che il piemontese scritto è particolarmente difficile e ricco di varianti in termini di apostrofi e accenti.LA MONFERRINAO cià cià Maria Catlina / dummie dummie na si assiàOh si si ch’ji la daria / L’ai lassà l’siass a cà.Ris e coi e tajarin / Guarda un po’ cum’ a balo bin.Balo mei le paisanote / che le tote de Turin.RIT: O bundì, bundì, bundì / ‘ncura na volta, ‘ncura na volta.O bundì, bundì, bundì / ‘ncura na volta e peui papì.‘ncura na volta sota la porta / ‘ncura na vira sota la riva.O bundì, bundì, bundì / ‘ncura la volta e peui papìCosa’t fas Maria Catlina / li setà ‘n sal taburet;da na man la vetalina / e da l’autra ‘l fassulet.Piè ‘na gioia che vi pias, / dei ‘na man tirela an bras.La curenta l’è pi bela / e poi tràllarillalà.RIT: O bundì, bundì, bundì…Per dansè la Munferina / l’è rivais n’ufizial.L’à ciapà Maria Catlina / l’à portala ‘nmes al bal.Fate in là ti paisan / passo mi col guard’enfant;fame mach un ben inchin / e ti fasso un bel basin.RIT: O bundì, bundì, bundì…* * * * *O ciao, ciao Maria Caterina / diamole diamole una setacciatao sì sì che gliela darei / ma ho lasciato il setaccio a casaRiso, cavolo e tagliatelle /guarda solo come ballano beneballano meglio le ragazze di paese / che le signorine di TorinoRit.: o buondì, buondì, buondì /ancora una volta, ancora una voltao buondì, buondì, buondì /ancora una volta e poi bastaancora una volta sotto la porta /ancora un giro giù al fiumeo buondì, buondì, buondì /ancora una volta e poi bastaCosa fai Maria Caterina / lì seduta sullo sgabellocon il ventaglio in una mano / e nell’altra il fazzolettoPrendete una gioia che vi piace / tiratevela in braccio con una manola curenta (danza tipica delle valli alpine) è più bella/ e poi tràllarillalà.Rit.: o buondì, buondì, buondì…Per danzare la monferrina / è arrivato un ufficialeha preso Maria Caterina / l’ha trascinata in mezzo al ballo.Spostati tu paesano / passo io con il garde-enfant;fammi solo un bell’inchino/ed io ti faccio un bel bacino…Rit.: o buondì, buondì, buondì…Testo e musica della Monferrina (Youtube) Il ballo tradizionale della Monferrina (Youtube)

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